Alla confluenza di Via Vittorio Veneto con Via Nazionale Baronia e Via Tratturo sorge la piccola “Cappella di Sant’Antonio di Padova”, nota come la “Cappella di Sant’Antonio piccolo”, o meglio ancora come la “Cappelluzza di Sant’Antonio piccirillo”, o anche semplicemente come la “Cappelluzza” (cappelluccia). Così denominata per le piccole dimensioni dell’edificio e per la devozione verso la piccola statua lignea settecentesca di Sant’Antonio di Padova. Probabilmente l’aggettivo piccolo o “piccirillo” (piccolino), oltre che per le dimensioni proprie della statua, è utilizzato anche in confronto alla statua più grande, raffigurante sempre Sant’Antonio, conservata un tempo nella Chiesa di San Tommaso d’Aquino e dal 2015 custodita nella Chiesa madre di Grottaminarda.
Non è nota la data di fondazione della Cappella né se in origine era proprio dedicata a Sant’Antonio di Padova o ad altre venerazioni sacre.
Il primo documento certo che attesta la Cappella, sotto il titolo di Sant’Antonio, risale al 1698.
L’edificio fu rovinato dal terremoto del 29 settembre 1732 e che fu integralmente ricostruita durante il XVIII secolo. Purtroppo non sono noti i nomi dei promotori e i finanziatori dei lavori.
La nuova chiesa, a pianta longitudinale con catino absidale, venne costruita in pietra nostrana su uno sperone roccioso. Solo in facciata, il ritmo lineare dell’abside e delle mura laterali venne movimentato da due nicchie realizzate ai lati dell’accesso. La copertura era a doppio spiovente e probabilmente era senza campanile.
Sugli interni non siamo informati, ma è probabile che nella zona dell’abside fosse presente una nicchia per alloggiare la statua in legno del Santo, che per stile e forme risale alla seconda metà del XVIII secolo.
Tra la fine del XIX e il 1903, in conseguenza di un evento miracoloso, l’edificio venne restaurato per interessamento della famiglia Cogliani. I lavori interessarono principalmente la facciata, a cui vennero aggiunti un basamento in pietra e quattro colonne lisce con capitello corinzio, tutto in tufo, che andarono ad distanziare le due nicchie e l’ingresso principale. Sulla struttura ottenuta venne aggiunta una trabeazione timpanata su cui venne costruito un piccolo campanile a vela.
Purtroppo la struttura notevolmente appesantita dalla trabeazione, dal timpano e dal campanile a vela non resse al terremoto del 1930 che procurò notevoli danni alla struttura: all’esterno, le colonne in tufo si lesionarono, all’interno invece, l’altare con la nicchia del santo crollò, caddero enormi parti di intonaco e la volta della cappella si spaccò e si aprì in due.
La statua del Santo venne recuperata dalle macerie e conservata dagli eredi della famiglia Cogliani, che abitava nei pressi della Chiesa.
Purtroppo per mancanza di fondi, i lavori si protrassero per tutti gli anni Trenta. La chiesa venne restaurata grazie all’interessamento della stessa famiglia Cogliani. Ai lavori contribuirono principalmente le famiglie del Viscovo, Meninno, Ianniciello e alcune famiglie che da poco si erano trasferite nella zona.
Importante fu il contributo di Vincenza del Viscovo, che emigrata Newark, nello stato del New Jersey, si fece promotrice di una raccolta fondi tra gli emigrati di origine grottese. Con il denaro recuperato venne restaurato l’altare e venne fatto dipingere una tela rappresentante la Sacra Famiglia, che andò ad occupare il posto della vecchia nicchia di S. Antonio. La statua di S. Antonio, opportunamente restaurata, venne invece posizionata in una nicchia laterale.
In occasione di questi lavori la facciata venne completamente rifatta: per meglio sostenere la trabeazione, il timpano e il campanile a vela si pensò di occludere le nicchie e di rinforzare la facciata creando un nuovo muro che rinchiuse le quattro colonne in tufo.
Il terremoto del 21 agosto 1962 provocò alcuni danni che vennero tempestivamente restaurati grazie all’interessamento di un comitato di restauro composto dai capifamiglia del rione, tra cui dobbiamo ricordare la famiglia Grillo, custodi della cappella dalla fine degli anni Trenta del Novecento. Tra i tanti lavori l’esterno della Cappella venne completamento intonacato.
Negli anni Settanta venne acquistata la statua di Santa Rita, che andò ad occupare l’altra nicchia di fronte a Sant’Antonio, e venne spostata la tela della Sacra Famiglia (attualmente sul lato sinistro) e al suo posto venne posizionata l’immagine della Madonna di Fatima.
L’edificio così restaurato resse bene alle scosse del terremoto del 1980 e, in mancanza di altri edifici sacri, al suo interno vennero svolte alcune funzioni sacre.
Nel 2000 e nel 2004 per interessamento del Comitato “Festa della Cappelluzza” venne effettuati ulteriori restauri che interessarono l’interno, completamente ristrutturato, e l’esterno, con l’esclusione della facciata, che venne riportato all’antico splendore settecentesco.
L’ultimo intervento, dell’autunno 2017, voluto sempre dal Comitato Festa, ha interessato principalmente la facciata. Durante i lavori sono state recuperate le due nicchie e si è voluto ripristinare l’impianto ottocentesco con le quattro colonne con capitelli corinzi. Purtroppo i vecchi elementi in tufo erano inutilizzabili e il Comitato, di comune accordo, ha pensato di sostituirle con altrettanti elementi in pietra nostrana (i resti delle colonne e dei capitelli sono conservati attualmente all’interno della Cappella). Colonne e capitelli sono opera del noto scultore Fiore IORILLO, che ha anche realizzato le due sculture alloggiate nelle due nicchie.
Le due sculture rappresentano, sulla scia della vita dei due Santi, le due vocazioni fondamentali dell’uomo, la vocazione al matrimonio e la vocazione alla consacrazione a Dio (sacerdozio, vita religiosa, vita missionaria), qui riprodotte attraverso i due sacramenti strettamente collegati a lori: l’ordine sacro, rappresentato da S. Antonio e dal calice e la patena e dal passo biblico “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19), e il matrimonio, rappresentato da S. Rita e dalle fede nuziali incrociate tra loro (la santa prima di diventare suora fu prima moglie e madre) e dal passo biblico “l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto” (Mt. 19,6) . Chiudono le rappresentazioni altri simboli sacri relativi ai due Santi: i gigli e i pani per S. Antonio; le rose, le api e fichi per S. Rita.
(sintesi liberamente tratta da una pubblicazione sulla storia della Cappelluzza, in corso d’opera)
Raffaele Masiello (Tutti i diritti riservati )